CRITICS
Ida Saitta Once upon a time: sulle ali dell’Ippogrifo
di Giuseppe Ussani d’Escobar
Tutto ha inizio da una favola trasmessa oralmente e che viaggia attraverso le generazioni conservando l’energia delle origini. Il mito è alla base della favola: così è per l’Iliade e l’Odissea. Vuole la leggenda che un cantore cieco abbia narrato nel suo peregrinare la guerra di Troia e il viaggio di Ulisse che sarebbe tornato alla sua amata Itaca. Da sempre, il mistero avvolge la tradizione orale. Si potrebbe individuare nella cecità presunta di Omero la determinazione nel porre l’accento esclusivamente sulla voce destinata a cantare le gesta degli eroi, tralasciando il senso della vista, ritenuta non indispensabile, in quanto l’immaginazione è chiamata a scolpire le vicende che saranno tramandate ai posteri. Noi tutti, fruitori delle avventure cavalleresche e magiche, dovremo serrare gli occhi e sognare le tenzoni e gli incantesimi per accedere all’universo fantasioso e sacro dei paladini di tutte le epoche, dovremo consegnarci nella nostra totalità di esseri all’immaginario, al fine d’intraprendere il viaggio iniziatico sulle ali dell’ippogrifo.
Ida Saitta con i suoi acquarelli, chine e dipinti, che esponiamo in questa prestigiosa sede, vuole farci rivivere le storie dei Pupi Siciliani, i paladini carolingi, e l’àura delle fiabe irlandesi che hanno le loro radici nel mondo delle fate e degli gnomi, dei druidi e degli eroi. Il denominatore comune di queste esperienze, che l’artista ci invita a conoscere e sperimentare con lei, è la magia. La favola ci conduce alla riscoperta dei miti delle origini, e ci restituisce l’opportunità di rifondare una coscienza e un’identità perduta o comunque offuscata dalle nebbie del progresso e della superficialità. Orlando, Rinaldo e i loro compagni d’armi sono i custodi e gli araldi dell’identità siciliana. L’Isola è microcosmo-utopia di un mondo straordinario, luogo ideale nel quale il Bene e il Male s’incontrano e sovvertono tutte le regole consuete: la costante degli universi dinamici tra loro cosi diversi, il fulcro intorno al quale si avvitano le storie e trovano il loro scioglimento è rappresentato dall’Amore. Dante del resto si riferiva a questo altissimo sentimento come alla potenza spirituale e del cosmo che “move il sole e l’altre stelle”, emanazione del Divino che si fa umano. E ora veniamo al libretto “La saggezza del salmone o l’illusorietà del pensiero” ricavato dal romanzo “La pentola d’oro” (Crock of Gold) di James Stephens: con le stesse modalità dei Paladini, gli gnomi e i personaggi, eroi umani e semidivini, portano in scena l’identità dell’Irlanda gaelica che custodiscono e testimoniano. Essi derivano, con la loro modernità e attualità, dall’antica fiaba, nella quale spesso persino gli animali assumono caratteri e spessore della nostra specie. I “Busti dei paladini”, realizzati con estrema perizia dall’artista, guardano alle maschere; il riferimento primo evidente è al Teatro dei Pupi, ma se li si osserva con attenzione, questi rivelano una natura ancestrale e primitiva che richiama le maschere africane e sembrano incarnare gli spiriti della foresta. Risulta del tutto evidente nella “Paladina saracena”. Questa affascinante suggestione è corroborata dal dipinto “Il Paladino e la forza dello spirito invisibile” nel quale il Cavaliere si sdoppia nella manifestazione dello spirito androgino che lo ispira nel perseguire la giustizia. L’elemento femminile risulta essenziale per l’intuizione e l’interpretazione della realtà. Il vero Cavaliere è una combinazione armonica di grazia e forza, in questa apparente contraddittorietà sta la magia dei Paladini che non potranno mai scomparire dalla nostra storia, se non quando e qualora l’essere umano dovesse sparire dalla Terra. Gli acquarelli, che illustrano il libretto “La saggezza del salmone”, sprigionano leggerezza e si esprimono nella libertà dei colori, la linea sembra staccarsi dalla carta e prendere il volo, la tentazione è sconfinare al di là del limite del foglio, non si irrigidisce nella forma chiusa, ma si apre all’esplorazione e alla ricerca delle emozioni. Il colore è il vero protagonista. Lo spettacolo offerto ai nostri occhi è d’immagini dinamiche, in una rapidità futurista, la velocità ci pone davanti un mondo in continuo divenire permeato dalla magia della natura e del sogno. I colori degli acquarelli, cosi come dei dipinti, sono mediterranei, accesi e vibranti, delicati e vivaci. Il sogno ci consente di vincere sulla dura e amara realtà e rimane il nostro ultimo ed estremo rifugio, di conseguenza le figure divengono aeree e s’identificano con l’assenza di forza di gravità, personaggi alla Chagall anch’egli consacrato e devoto all’inesauribile metamorfosi della fantasia nella dimensione della favola. Le musiche del libretto sono state composte da Chiara Maria d’Angelo, abilissima nell’adattarle al testo. La scrittura musicale di Chiara, nella sua innovativa originalità, è la continuazione di una tradizione colta che risale per toni, assonanze e dissonanze al Prélude à l’après-midi d’un faune di Debussy, nella ricerca impressionistica e a le Sacre du printemps di Stravinskij per originalità e procedere della melodia. Lo sguardo è sempre rivolto al mondo primitivo della Natura, che ha le sue fondamenta nella spontaneità e semplicità descrittiva, che sia essa figurativa o musicale. La nostra vocazione di uomini è ricercare le origini del nostro io individuale e collettivo nell’universo magico della fantasia liberata dalla ragione e strettamente imparentata con il Mito. In questa nostra navigazione terrena, nonostante le molteplici prove che affrontiamo e che possono scoraggiarci, dobbiamo sempre conservare nel cuore e nella mente lo spirito del bene, della solidarietà e della giustizia. Siamo cavalieri erranti in questa vita d’incertezze. Mettiamo da parte le paure e intraprendiamo il viaggio…
Una linea per Ida di Lea Mattarella
All’inizio ho pensato: ma io conoscevo un’altra Ida. Quando mi ha mostrato questi ultimi quadri, avevo in mente i suoi colori accesi, la superficie del dipinto completamente ricoperta di materia pittorica, attraversata da griglie, una certa atmosfera sognante e visionaria. E così continuavo a chiedermi: com’è questa nuova Ida? In quale direzione ha condotto il suo lavoro? Quale strada ha scelto di percorrere? Tuttavia, poi, più ci riflettevo e più mi accorgevo che in fin dei conti non era affatto tutto così inaspettato e che queste tele erano invece il frutto di una specie di cammino quasi obbligato, di una sorta di destino, come se fossero la risposta più logica, o forse l’unica possibile, ad un imperativo. Che altro non è che quello di una ricerca volta a seguire senza indugio, con tenacia, due, magari tre, parole d’ordine: semplificare, togliere, eliminare il superfluo, dare forza, vigore, solidità a pochi tratti essenziali. E ho cominciato a pensare al coraggio, dote di cui la Saitta mi sembra davvero ricca, perché non si ferma, non si accontenta, continua a cercare, anche attraversando luoghi sconosciuti e non facili da esplorare, lasciandosi dietro seduzioni magari più facili, soluzioni accattivanti. Ida aveva una tavolozza brillante, catturava con lo splendore della materia. Ebbene ha ridotto tutto questo fondamentalmente a tre colori che si danno anche con parsimonia: l’azzurro, il rosso e il nero. Li combina sempre diversamente, qualche volta prevale l’uno, altre volte l’altro, ma sono sempre loro a dare il tono, come se questa mostra fosse una sinfonia composta con poche note, in cui a far la differenza è il ritmo che in questo caso è la linea. È lì che la Saitta vuole condurci, è con questa che ci attrae e, infine, ci seduce. La linea: le piace soprattutto curvarla per esaltarne la sensualità, il lato avvolgente, l’energia creativa. Raramente la segmenta, ne mostra gli spigoli. A Ida piace vederla scorrere fluida, sicura, trasformarla in forma, inizio di tutto. Precede la materia, il colore, l’immagine e lentamente ne svela i segreti. Può anche “sporcarla” per aumentarne l’effetto visionario come succede ne Il viaggiatore che pare giungere da chissà quali luoghi lontani e probabilmente arriva semplicemente dall’altra Ida (che poi è sempre la stessa), la frequentatrice di fantasmi e apparizioni. Ed è come se questo mondo prendesse corpo, traesse origine dalla perfezione di un’ovale che contiene tutto. Immagino che quando ha realizzato un’opera con un titolo così esplicativo come Difficile equilibro, l’artista avesse ben chiaro quanto questo sia un po’ quello che si chiede alla pittura. Raggiungere un’armonia sotterranea, irripetibile. Magari anche assertiva, ma con grazia, quasi suo malgrado, come se davvero non potesse farne a meno. Brancusi diceva che “la semplicità nell’arte è, in generale, una complessità risolta”, Kandinsky parlava di “necessità interiore”, Matisse sosteneva che la pittura fosse “una comoda poltrona”. Mi piace quando qualcuno mette insieme questi punti di vista solo apparentemente inconciliabili. È un buon modo per cominciare. E per andare avanti.
Aprile 2006
L'artista visionaria di Lea Mattarella
È singolare come il lavoro di Ida Saitta, che dal 1995 in poi ha subito senza alcun dubbio svolte e cambiamenti importanti, mantenga intimamente un'inaspettata coerenza. Come se, pur nel desiderio, o addirittura nella necessità di cambiare rotta, sperimentare, frugare tra le possibilta della sua pittura e del suo immaginario, Ida avesse il bisogno di mantenere una sorte file rouge che colleghi i vari momenti del suo fare artistico, una sorta di griglia segreta, impalpabile e pure profondamente resistente. È proprio dall'idea della griglia che si potrebbe iniziare per leggere di questa giovane pittrice palermitana, che vive a Roma da diverso tempo, ma insieme a quel leggero accento che mostra la forza delle radici, ha mantenuto un contatto con la sua terra anche nella vivacità del linguaggio figurativo. Ida sembra in questo modo di voler prendere le misure di un universo che in parte ciò che ci sta davanti ed in parte qualcosa che appartiene solo a lei. Come un dono, una chiaroveggenza... perchè Ida è un’ artista visionaria che alterna momenti di rigore ad una immaginazione sfrenata, in scena una sorta di combattimento tra elementi definiti, fissi, stabilmente determinati e figure, oggetti, cose, segni liberi da regole, eccentrici, pure intuizioni. E l'ordine, anche laddove sembra regnare il caos, è costituito da una griglia - verticale ed orizzontali che si incrociano- che tuttavia non può eliminare questa idea di vortice, sempre presente nei dipinti di questa pittrice.
Estratto da "Territori di Passaggio"
Il linguaggio universale dell’arte, in tutte le sue forme, è indubbiamente un linguaggio positivo, portatore di valori che hanno a che fare con la bellezza, la conoscenza, la sfera emozionale, e come tale ha sull’uomo una funzione benefica, consolatoria, spesso taumaturgica. Sono sempre stato profondamente persuaso di questa valenza fonda mentale dell’arte, tanto che nel mio percorso, alla guida prima della Fondazione Roma ed ora della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, ho fatto in modo di coniugare spesso il mondo della cultura con quello, imprescin dibile, della salute e dell’aiuto ai meno fortunati.
Cito, a titolo meramente esemplificativo, il progetto Résonnance che sosteniamo da molti anni, atto a portare la musica classica nei luoghi di disagio come gli ospedali, le case di riposo, le carceri; il concerto dell’Orchestra di Piazza Vittorio a Malta, a sostegno delle attività dell’Emanuele Cancer Research Foundation; i numerosi concerti, riguardanti vari generi musicali, che hanno allietato le giornate degli ospiti del Villaggio Emanuele per i malati di Alzheimer nel quartiere della Bufalotta a Roma; infine, i due progetti sostenuti dalla Fondazione Terzo Pilastro che riguardano Madrid e altre due città della Spagna, grazie ai quali la musica da un lato e la riproduzione di opere d’arte del Museo del Prado dall’altro allietano la degenza, domiciliare e ospedaliera, di bambini e pazienti adulti. L’iniziativa “La Rinascita dei Paladini” si colloca a buon titolo in questo raggio d’azione, motivo per il quale, at traverso la Fondazione Terzo Pilastro, sono davvero lieto di sostenerla, e ringrazio l’Associazione Mediterraneum, nelle persone dell’Ing. Nicolò Navarra e dell’Ing. Roberta Navarra, per avermela proposta. Il linguaggio universale dell’arte, in tutte le sue forme, è indubbiamente un linguaggio positivo, portatore di valori che hanno a che fare con la bellezza, la conoscenza, la sfera emozionale, e come tale ha sull’uomo una funzione benefica, consolatoria, spesso taumaturgica. Sono sempre stato profondamente persuaso di questa valenza fonda mentale dell’arte, tanto che nel mio percorso, alla guida prima della Fondazione Roma ed ora della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, ho fatto in modo di coniugare spesso il mondo della cultura con quello, imprescin dibile, della salute e dell’aiuto ai meno fortunati. Cito, a titolo meramente esemplificativo, il progetto Résonnance che sosteniamo da molti anni, atto a portare la musica classica nei luoghi di disagio come gli ospedali, le case di riposo, le carceri; il concerto dell’Orchestra di Piazza Vittorio a Malta, a sostegno delle attività dell’Emanuele Cancer Research Foundation; i numerosi concerti, riguardanti vari generi musicali, che hanno allietato le giornate degli ospiti del Villaggio Emanuele per i malati di Alzheimer nel quartiere della Bufalotta a Roma; infine, i due progetti sostenuti dalla Fondazione Terzo Pilastro che riguardano Madrid e altre due città della Spagna, grazie ai quali la musica da un lato e la riproduzione di opere d’arte del Museo del Prado dall’altro allietano la degenza, domiciliare e ospedaliera, di bambini e pazienti adulti.
La Rinascita dei Paladini
Opere di Ida Saitta
Palermo, giugno - novembre 2019
P.O. ‘G. Di Cristina’ - Ospedale dei Bambini
L’iniziativa “La Rinascita dei Paladini” si colloca a buon titolo in questo raggio d’azione, motivo per il quale, at traverso la Fondazione Terzo Pilastro, sono davvero lieto di sostenerla, e ringrazio l’Associazione Mediterraneum, nelle persone dell’Ing. Nicolò Navarra e dell’Ing. Roberta Navarra, per avermela proposta. Nel progetto si fondono armoniosamente il potere salvifico della cultura, l’attenzione ai bambini in età pediatrica, ovvero ai più fragili, e le tradizioni ricche di storia e fascino della terra siciliana, da cui io stesso provengo. Con il valido coordinamento dell’Associazione Mediterraneum, l’Ospedale Pediatrico ‘G. Di Cristina’, altrimenti co nosciuto come ‘Ospedale dei Bambini’ e polo sanitario di spicco del territorio, da oggi si impreziosisce, grazie al nostro contributo, delle creazioni della pittrice Ida Saitta, palermitana per nascita e nell’animo. Nella poetica di Ida Saitta è tangibile il suo forte legame con la storia della Sicilia e del Mediterraneo. Un Medi terraneo che si ritrova nei colori, nella forza espressiva e nelle bellezze storiche della Terra “Madre”, definizione coniata dall’artista e che ben fotografa il suo convincimento. La nostra cultura nasce dal Mediterraneo, un mare che unisce Europa, Asia e Africa, la “grande cerniera” di cui l’avventura umana ha fatto il suo ambito prediletto. Con la serie de “I Paladini” la Saitta offre un omaggio esplicito alla Sicilia, rivisitando le celebri opere dello scena rio siciliano, dove le rappresentazioni dei monumenti scultorei e dei pupi palermitani raggiungono una incredibile carica espressiva, con una tensione ascendente che scaturisce dalla sinuosità del tratto e dalla potenza del colore. I Paladini ed i Pupi sono espressione di quello spirito epico, eroico e cavalleresco che, dalla Chanson de geste medievale ai grandi poemi del Boiardo e dell’Ariosto, ha improntato un’intera tradizione letteraria, musicale, fi gurativa, e in particolare teatral-popolare. Le opere caratterizzate dai tipici colori del “Carretto Siciliano” (il giallo solare, l’azzurro intenso, il rosso violento e balenante), senza perdere l’originalità del segno che da sempre rende riconoscibile la Saitta, raccontano con grande sapienza stilistica quello che, nell’immaginario collettivo siciliano tra Ottocento e Novecento, rappresentava per le classi popolari siciliane la griglia d’interpretazione della realtà, un modello di riferimento per le azioni e i comportamenti quotidiani: i Paladini armati. Ecco perché questo progetto, da me fortemente voluto in una struttura sanitaria di eccellenza di Palermo, dedicata non a caso ai bambini, rappresenta non soltanto una meraviglia per gli occhi ma anche un vero e proprio docu mento storico-antropologico della cultura tradizionale siciliana. Una cultura che deve essere assolutamente sal vaguardata e tramandata alle nuove generazioni, fin dall’infanzia, anche tramite iniziative come questa, affinché i personaggi ed i valori che essi incarnano (fierezza, coraggio, giustizia, rettitudine), riletti in chiave contemporanea e filtrati attraverso il linguaggio dell’arte, possano fungere da ispirazione e da modello etico di comportamento per la fetta più promettente della nostra società.
Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele
Presidente Fondazione Terzo Pilastro - Internazionale
Il complesso e personale linguaggio di Ida Saitta si esprime attraverso colori decisi: il giallo, l’azzurro, il rosso violento e balenante, il nero intrigante delle chine, cui è affidato il compito di parlare dell’anima dell’artista, svelandone i travagli, dando forma ai suoi immaginari compagni di vita. Tratti simbolici, suggestioni e visioni popolano le tele della Saitta, frutto di un dialogo interiore e fantastico che sottende ad un universo tutto proteso a scandagliare l’animo umano, le paure, i desideri. Sempre al confine tra il mondo interiore proprio dell’artista e il mondo reale, le opere della Saitta seguono il dialogo continuo tra i sogni e i pensieri intimi e il dato contingente nel quale l’uomo è immerso. Questa lotta tra i due elementi si esprime attraverso il mezzo della pittura, vero e proprio strumento comunicativo che l’artista utilizza per esprimere i pensieri e dialogare con l’esterno, in un costante rimando tra realtà e immaginazione.
Stefania Marignetti (Dialoghi Immaginari)
Momenti segni di gusto orientale , che nell’ordito di suole persiane costruiscono scene immaginifiche vicino a quel “mal d’Africa” tanto vicino alle nostre radici mediterranee, si sposano ad una visione onirica, dolce il filo conduttore sin scioglie e si raggomitola, subito, in un che di labirintico che tutto coinvolge e trascina.
Vito Linares (Mare D'Amare)
Il manifesto si distingue per il suo carattere introspettivo e spirituale che riconosce il trascendente. Il ritorno ai colori vivi e accesi segna il periodo più recente della produzione artistica di Ida Saitta che offre stavolta un omaggio esplicito alla Sicilia. L’artista rivisita le celebre opere dello scenario siciliano, dove le rappresentazioni dei monumenti scultorei e dei pupi palermitani raggiungono una incredibile carica espressiva con una tensione ascendente. Ma anche chi appartiene ad altre terre sente risuonare nell’animo motivi comuni dell’originaria civiltà e cultura irradiata dal Mediterraneo.
Anna Petrova (Sicilia I mondi introspettivi)
Alle spalle l’esperienza dell’astratto in particolare del Magnetismo Lineare di cui è la fondatrice, cattura le immagini e le riposiziona nello spazio, fortificandole di un colore assolutamente magnetico e mediterraneo. L’artista si confronta con una tradizione figurativa solida, riesce ad assorbirla ed a restituircela nella più stimolante provocazione, dimostrando che la Mediterraneità siciliana può essere declinata e manifestata con estrema originalità.
Giuseppe Ussani d’Escobar (Le Vie dei Tesori)
Raffinatezza formale e il sapiente utilizzo del colore sono due dei tratti distintivi della pittura di Ida Saitta, artista sperimentatrice e visionaria dalle cui opere trasuda tutto il suo essere donna ed il suo essere siciliana. Fondatrice e teorica del manifesto artistico del “Magnetismo lineare”, in cui i protagonista è la “linea”(segno che semplifica la realtà eliminando il superfluo, che al contempo, dà forza e sinuosità a pochi tratti essenziali), crea figure cariche di pathos, che paiono quasi prendere corpo e staccarsi dalle tele per vivere all’unisono con il proprio interlocutore.
Raffaella Salato (Traces of contemporary Art)
Donne che si mostrano allo sguardo altrui, animate da una vanità sottesa, mistica, talvolta quasi dolente. Lei Ida, così delicata e apparentemente fragile, poi nello svelare il suo lato artistica esplode in una irruenza creativa disarmante, dove il segno distintivo resta visibile e chiaro ma è capace di tradursi in lievi e impercettibili, capitali mutamenti di colore e stile.
Agata Polizzi (About Ida)
Un Mediterraneo che si ritrova nei colori, nella forza espressiva e nelle bellezze storiche della Terra "Madre". Non a caso l'Artista utilizza questa parola. La nostra cultura nasce dal Mediterraneo, un mare che unisce Europa, Asia e Africa, la "grande cerniera" di cui l’avventura umana ha fatto il suo ambito prediletto.
Ilaria Sergi (Linea Mediterranea)
Il tempo non più come tempo “oggetto”, tempo del divenire della realtà, bensì come simbolo della atemporalità. Il dipinto uno strumento mentale, segno quale equazione tra il mondo esterno ed interno.
Giovanna Cavarretta (Opere)
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